Agli esimi giuristi, e, soprattutto agli onesti dell’ultima ora, vorrei ricordare la ratio della norma relativa al silenzio elettorale, vale a dire il diritto sacrosanto del cittadino di avere il tempo di riflettere serenamente sulla scelta da fare, senza turbamenti esterni o tentativi di convincimento last minute.
Tale diritto è sancito dalla legge 212/1956 che all’art. 9 prevede: “Nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per le elezioni sono vietati i comizi, le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, la nuova affissione di stampati, giornali murali o altri e manifesti di propaganda”.
“Nei giorni destinati alla votazione altresì è vietata ogni forma di propaganda elettorale entro il raggio di 200 metri dall'ingresso delle sezioni elettorali”.
Se è vero che manca la disciplina che estenda il divieto ai social, è altresì vero che nel nostro ordinamento, interviene l’analogia legis, che consiste nell'applicare ad una fattispecie non regolata, la disciplina di un'altra fattispecie, regolata dall'ordinamento, ritenendo che la ratio che ha indotto il legislatore a disciplinare quest'ultima lo avrebbe potuto coerentemente indurre a disciplinare nello stesso modo la prima.
Ne consegue che, a mio sommesso giudizio, la suddetta normativa è applicabile anche al caso della propaganda elettorale a mezzo social e network.
Ad ogni buon conto, si prende atto che da oltre due anni, la maggioranza non ha adottato una legge che colmasse il vuoto normativo, nonostante la proposta di legge della espulsa dal M5S Senatrice Serenella Fuksia, già nella precedente legislatura (DDL S. N. 2513 DEL 4.8.2016).
Senza considerare che per far fronte al gap normativo, già in occasione delle europee dello scorso anno, l’Agcom ha stilato linee guida specifiche per le piattaforme digitali, come Facebook o Google. Il documento si intitola “Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso ai mezzi di informazione relative alla campagna per l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia fissata per il giorno 26 maggio 2019”, ed è stato redatto anche come misura di contrasto alla disinformazione sul web. L’Agcom ha preso accordi con le piattaforme online, che si sono impegnate a segnalare eventuali contenuti illeciti, per procedere alla loro rimozione.
Sebbene l’Autorità non sia competente in materia di violazione del “silenzio elettorale”, la stessa ha ritenuto particolarmente importante richiamare l’attenzione su queste disposizioni che si fondano su principi strumentali a garantire una effettiva tutela dell’elettore e, come tali, validi per ogni mezzo di diffusione.
Pertanto, a mio sommesso avviso, ci si deve indignare per tutti i comportamenti, siano essi esplicitamente contemplati dalla legge, siano essi “implicitamente” contemplati, allorché siano ugualmente idonei a violare il diritto dell’elettore, da chiunque provengano, sia dai candidati e tifosi della propria parte che da quelli delle parti contrapposte.
Concludendo, quando qualcuno al rilievo che esiste il silenzio elettorale, reagisce affermando che detto silenzio non vale per i social, E’ DOVEROSO RISPONDERE CHE LE LEGGI SI RISPETTANO NEL LORO SIGNIFICATO PIÙ PROFONDO, SEMPRE!
Si potrebbe chiamare ONESTA’!
Senza considerare che, chi ricopre un ruolo istituzionale che abbia avuto specifiche segnalazioni di illeciti, DEVE ATTIVARSI PERCHE’DETTI ILLECITI CESSINO, NON FARE POST (QUEST’ULTIMO CONTEGNO E’ EFFETTIVAMENTE BECERA PROPAGANDA ELETTORALE).
Intelligenti pauca!
Avv. Antonella Rizzi .