Più volte abbiamo ascoltato con stupore le tesi di coloro che separano la “deforma” costituzionale dalla legge elettorale “italicum”.Una simile separazione, se avallata, mostra la più totale insensibilità costituzionale e politica di chi la sostiene. Ora, che a fare simili considerazioni sia l’uomo della strada ci può anche stare, ma che a sostenerlo pubblicamente siano un Deputato della Repubblica come l’On. Vico (PD) ed il Consigliere comunale, già candidato sindaco del PD, Dott. Francesco Pizzulli, allora la questione si fa seria.Il ragionamento prende le mosse dal concetto, espresso in conferenza stampa, per cui non si devono mischiare la legge elettorale e la “riforma Renzi-Boschi” ma, nella stessa intervista, si prefigura, in caso di vittoria dei No al referendum, un vuoto legislativo nell’ambito della legge elettorale del Senato. Decidete! O non mischiamo le due cose oppure le due questioni sono inevitabilmente connesse fra loro, per cui, dal vostro punto di vista la vittoria del NO produrrebbe una impossibilità al voto democratico. Chiaritevi le idee e poi continuate nel ragionamento.Alcuni spunti per riflettere ve li possiamo fornire noi.
E’ in errore chi ritiene la legge elettorale estranea alla questione referendaria.
Primo perché una legge elettorale è una legge di rango costituzionale, intimamente connessa con la Carta. La sensibilità politica e costituzionale dovrebbe indurci a comprendere che attraverso la legge elettorale si da compimento al più importante dei principi costituzionali, e cioè che la sovranità è del popolo e che il popolo esercita tale sovranità attraverso l’elezione diretta dei suoi rappresentanti in Parlamento. La cronologia parla chiaro. A metà del 2015 il Parlamento approva con voto di fiducia voluto dal Governo una legge elettorale, l’ “italicum”, che non prevede elezione per il Senato. Il 12 aprile 2016 viene approvata la “riforma” Renzi-Boschi. Ora, o il legislatore ha la sfera di cristallo ed ha previsto che la “riforma” sarebbe stata approvata, oppure dobbiamo convenire che le due cose procedono congiuntamente ma producono anche gravi squilibri.Paradossalmente, il rapporto tra legge costituzionale e legge elettorale è stato invertito, con la conseguenza che è la legge elettorale, approvata per prima, a costituire il “perno” della riforma costituzionale, e non il contrario. È infatti l’ “Italicum” ad individuare il vero obiettivo della “riforma” costituzionale: «verticalizzare il potere e gestirlo senza ostacoli e limiti da parte di nessuno, cittadini compresi» (L. Carlassare; M. Volpi).
Secondo, chi ha avuto l’idea geniale di approvare una legge elettorale solo per la Camera?
Il PD dava per scontata l’approvazione della “deforma” costituzionale tanto da trascurare del tutto una legge elettorale per il Senato. Dovremmo concludere che, ammesso e sicuramente non concesso che in caso di vittoria del NO al referendum sulle riforme costituzionali ci si possa ritrovare in uno stato di paralisi per mancanza di una legge elettorale, tale mancanza è da imputare ESCLUSIVAMENTE al PD. Il che equivale a dire che il PD prima crea il misfatto con la legge “italicum” e poi pretende di usare un suo strafalcione politico ed istituzionale per ricattare meschinamente l’elettorato.
Terza, ma non meno rilevante, è la questione della legittimità stessa della legge elettorale “italicum”.
Se ammettiamo che il legislatore non è un veggente, allora concludiamo che la legge elettorale è cucita su misura alla “deforma” costituzionale. Dunque la legge elettorale costituisce un fatto giuridico rilevante ai fini costituzionali. Per cui la legge elettorale deve essere considerata, ed in realtà era sempre stata considerata tale, una legge di rango costituzionale, cioè, nella gerarchia delle leggi dell’ordinamento giuridico italiano superiore ad una legge ordinaria ma non soggetta all’Art. 138 della Costituzione in materia di procedimento di revisione costituzionale. Il che si traduce nell’impossibilità, finora sempre osservata, che il Governo potesse agire di sua iniziativa nel proporre l’adozione di una legge elettorale utilizzando un iter proprio delle leggi ordinarie, e addirittura che potesse porvi il voto di fiducia in Parlamento come strumento di pressione politica ai danni degli stessi parlamentari, come purtroppo è avvenuto.
Cosa accade se vince il No al referendum?
Secondo il PD, nelle persone dell’On. Vico e del Consigliere Pizzulli, non si potrebbe andare alle urne perché mancherebbe la legge elettorale per il Senato.
FALSO! Le ipotesi potrebbero essere che: se vince il Sì il Senato non sarà più eletto dai cittadini direttamente, ma dai consigli regionali. A differenza di quanto molti pensano, il Senato non è stato abolito. E’ stata abolita la democrazia nell’elezione del Senato.
Se vince il No il Senato sarebbe eletto con una legge elettorale uguale a quella della Camera, infatti basterebbe che il Parlamento approvasse l’estensione della legge elettorale approvata per l’elezione della sola Camera dei Deputati anche per il Senato. Ma se il 4 ottobre 2016, la Corte costituzionale si dovesse pronunciare contro la legge “italicum” bollandola per incostituzionalità, allora il problema del PD sarebbe ben maggiore. Non ci sarebbe una legge elettorale per il Senato e neppure una per la Camera, quindi bisognerebbe comunque approvare una nuova legge elettorale. Anche se, questo stesso ragionamento appare incompleto. Bisogna tener conto delle regole dell’ordinamento giuridico italiano. Se una legge viene abrogata o dichiarata incostituzionale non si crea necessariamente un vuoto normativo, ma si adotta la legge precedente a quella abrogata o depotenziata. Per cui nel nostro caso si dovrebbe adottare come legge elettorale il “porcellum” anch’essa dichiarata incostituzionale con la sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale, per cui si dovrebbe andare a ritroso cercando la prima legge elettorale utile allo scopo. Il problema sta nel fatto che la Corte ha fatto intuire che ci sono forti dubbi che una qualsiasi legge di tipo maggioritario possa legittimamente sposarsi al dettato costituzionale.
Vuoi vedere che la prima legge assolutamente costituzionale è il PROPORZIONALE!?
Ma una legge elettorale proporzionale avrebbe per il PD lo stesso valore del paletto di frassino nel petto di un vampiro. Primo perché nessuno degli attuali parlamentari PD sarebbe in grado di essere rieletto, neppure con una minima ragionevole certezza. Secondo perché eliminerebbe il ruolo della segreteria del partito nelle candidature parlamentari, restituendo agli eletti la piena dignità politica ed il pieno mandato di rappresentanza svincolandoli da ogni ossequiosa presunta disciplina di partito.
Questa riforma è indispensabile perché riduce i costi della politica?
Innanzitutto, l’On. Vico ha dimostrato di non conoscere la riforma che egli stesso ha votato e di non conoscere affatto l’istituzione di cui fa parte, cioè il Parlamento. Premesso che la Camera si compone di 630 Deputati (Art. 56 della Cost.) e che il Senato è composto di 315 Senatori (Art. 57 della Cost.), il Parlamento conta dunque 945 membri a cui si aggiungono i Senatori a vita (Art. 59 della Cost.). A quale assemblea si riferisce il Deputato Ludovico Vico quando afferma che i parlamentari sono 1300? Di quale nazione è egli il rappresentante?
Secondo la “deforma” i membri del Parlamento saranno 630 deputati a cui sommare i 100 consiglieri –senatori nominati per un totale di 730 rappresentanti. Perché secondo l’On. Vico diventano 1003 (“mille e tre”)? Ma lui l’ha votata e la conosce la “riforma Renzi-Boschi”?
Basta guardare alla gestione della Camera dei Deputati voluta ed attuata dall’On. Boldrini per comprendere che si può risparmiare anche senza ridurre il numero dei parlamentari.
Si prova un senso di pena per chiunque motivi la revisione della Carta con la lotta alla Casta del Parlamento. La riduzione dei costi degli eletti c’è già stata e si può fare di più con le leggi ordinarie. Se invece si scomoda la Costituzione è solo per impressionare l’opinione pubblica. Il populismo di governo è tanto sguaiato quanto inefficace, perché non batte neppure l’originale grillino, come si è visto alle elezioni.
Un governo che non risolve la crisi economica e toglie il diritto di voto per il Senato è meglio che se ne vada. Il governo deve terrorizzare gli elettori perché non ha altri argomenti.
Siamo sopravvissuti a 63 primi ministri, sopravviveremo a 64.
Fonte: Comunicato stampa