“Incontro con l’autore” con Giuseppe Salvato sul libro: “Perché le aziende non crescono… e nemmeno le persone”

12/11/2016

Far fronte alla crisi?
Domandarsi:
che cosa posso fare io?

 

Si comincia perché ci si sente Dio,
si ha una visione e un programma
e si finisce quando si ridiventa Io

 

E’ indispensabile saper fare bene
il proprio mestiere e trasmetterlo

 

La storia di Giovanni Matera:
da garzone a imprenditore

 

La matita.
Da anni l’Italia attraversa una grave crisi economica e quindi sociale. Alcuni dei “perché” di questa crisi sono stati esaminati l’altra sera in un seminario con il prof. Giuseppe Salvato, commercialista, docente, consulente in risorse umane e organizzazione, autore di molte, pubblicazioni che conosce dal di dentro le PMI, cioè il tessuto connettivo dell’economia italiana e con Giovanni Matera, imprenditore che è stato suo “allievo”.

 
Interrogato da chi scrive, Salvato ha approfondito alcuni aspetti della crisi italiana, esposti nel suo ultimo libro: “Perché le aziende non crescono… e le persone neppure”, edito da Koinè comunicazione.

 
Il libro consta di 150 pagine di scrittura assai fitta, 9 capitoli con 48 paragrafi e una ricca appendice, molte tabelle e citazioni dotte, da Tucidide che ci tramanda la migliore definizione di democrazia predicata da Pericle (non tutti siamo in grado di far politica, ma tutti siamo in grado di giudicarla), a un proverbio Maori (volgi la testa verso il sole e le ombre cadranno dietro di te) a Schopenhauer, un filosofo tanto misantropo quanto inquieto da aver sognato lo sperdimento di sé nel Nirvana, una specie di paradiso dell’annullamento. Il libro contiene anche molte domande alle quali il lettore dovrebbe rispondere per scoprire i suoi pregi e difetti, umani e imprenditoriali.

 
Nel suo libro Salvato fa incontrare spesso filosofia, sapienza, ed economia, ricorda un pensiero di Spinoza, che, forse, spiega una volta per tutte la ragione delle crisi economiche: “Chi detiene il potere ha bisogno che le persone siano affette da tristezza”, si sofferma sul consumo, che può essere necessario, superfluo, eccessivo, sui soldi che “pochi possono essere troppi e che troppi possono essere pochi”, in rapporto al loro tempo e ai bisogni che devono soddisfare, i quali soldi, al dunque, non possono non possono comprare ciò che è più necessario all’uomo: serenità e tempo. Ancora, Salvato spiega con due citazioni l’importanza della lettura e della conversazione: “Le idee migliori sono proprietà di tutti” (Seneca) e “Chi dona sapienza non perde nulla e guadagna la riconoscenza di colui a cui l’ha donata (Numenio di Apamea).

 
Dopo la conversazione, il prof. Salvato, servendosi di slide, ha spiegato come far crescere un’azienda. La crisi, ha spiegato, comincia e/o cresce, nella testa dell’imprenditore, ed ha una parola precisa: “giustificazione”, cioè cercare risposte ai problemi fuori di sé, invece che dare proprie risposte ponendosi la domanda: che cosa posso fare io? Quando si comincia, ha proseguito, ci si sente Dio, perché si ha un obiettivo da raggiungere, una motivazione interiore, che si traduce in visione, sogno, programmazione. Ci si avvita nella crisi quando si resta soli con il proprio io, cioè da Dio si ridiventa Io.
Il lavoro, ha continuato Salvato, nobilita, averlo accresce la propria autostima, in sé un’impresa è la metafora della vita, nascere, cominciare, espandersi, ma deve basarsi su un fatto imprescindibile: saper fare bene il proprio mestiere, condizione indispensabile per risolvere i problemi che si presentano.

 
Saper fare bene il proprio mestiere, inoltre, è anche un essere maestri: avere e dare competenze, motivazioni, idee, essere parte di un insieme, esaltare le differenze e armonizzarle, soltanto chi sta da solo si perde. La crescita e il far fronte alle crisi, si fondano sul saper guardare dentro di sé e confrontarsi con la realtà, la qual cosa si trasforma in determinazione e perfino gioia, il piacere di saper far qualcosa, che si trasfonde nel cliente e lo fidelizza.

 
Infine Salvato ha racchiuso in un’immagine il senso della conversazione con l’Utep: bisogna essere come una matita che per scrivere deve: farsi guidare da una mano, subire le dolorose temperate, correggersi, continuare a scrivere e restare se stessi all’interno del proprio pezzo di legno e da esso protetti.

 
Raccontando la sua storia di garzone, artigiano, detentore di un mestiere che gli ha dato volontà e ardimento per trasformare una bottega in impresa e il garzone in imprenditore, Giovanni Matera, ha confermato dal vivo la lezione di Salvato.

 

Giovanni Matera