La programmazione della tanto attesa “Fase Due” sta sinora raggiungendo l’obiettivo contrario e cioè quello della confusione, tanta confusione, fatta di annunci, false indiscrezioni, desolanti frasi fatte, cose dette e ritirate. La verità è che chi ci governa è in
un terribile ritardo di progettazione. E questo però non è giustificabile tenuto conto che l’emergenza nazionale è stata proclamata il 31 gennaio scorso. Senza entrare nella gestione dell’emergenza sanitaria, la conseguente emergenza economica non può
certamente essere gestita con il metodo dell’indecisione. Decine di comitati, task force, commissari, la verità è che sulle riaperture niente sembra essere ancora deciso. Stiamo vedendo di tutto: Regioni che premono per ripartire in fretta, regioni più prudenti, Ministri
che vogliono far ripartire subito le imprese, Ministri invece che frenano; anche tra gli scienziati non ce n’è uno che dice la stessa cosa: troppo presto, riaperture selezionate, massime precauzioni di sicurezza e sanitarie, mascherine si, mascherine no, sanificazione degli ambienti obbligatoria si oppure facoltativa; solo sul distanziamento sociale (meno male) la voce sembra univoca. Come Confartigianato Taranto chiediamo estrema chiarezza e rispetto per le piccole imprese. Ai vari settori produttivi, alle imprese di quei settori che sono stati chiusi e che hanno diritto a poter riprendere la loro attività, va data la massima attenzione, vanno date CERTEZZE subito: quando riprendere il lavoro e chiare e precise istruzioni sui protocolli igienico sanitari e di prevenzione del contagio da seguire. Dal quel famoso 11 marzo sono passati 44 giorni, non è possibile che non si sappia ancora nulla di ufficiale in ordine ai protocolli da seguire per far ripartire le imprese. I titolari delle numerose attività legate alla cura della persona, alla ristorazione, all’edilizia,
al commercio in genere (solo per citarne alcune) sono fortemente arrabbiati, esausti, delusi, ma non intendono rassegnarsi ad attendere eventuali fasi due, tre, quattro nella totale confusione. Confartigianato chiede con forza alle Istituzioni di procedere con serietà, decisione e determinazione, parlando con una voce sola e coerente; si ha necessità di sapere le cose come stanno e come dovranno essere. Sappiamo già che ci sarà un nuovo modus vivendi per le attività del commercio e dell’artigianato, ci saranno investimenti da fare per ridurre le capacità di accesso alle attività, quindi ci saranno ancora tanti sacrifici e bocconi amari da ingoiare. Le piccole e medie imprese voglio ripartire al più presto ma prima devono capire come.
Dobbiamo escludere sin d’ora che le nuove norme sulla sicurezza per uscire dal lockdown non siano un altro lacciuolo sulla pelle delle piccole imprese. Una cosa è dire, un’altra è fare. Molti dispositivi per evitare il contagio non si trovano o se ne trovano pochi a costi
altissimi, gli imprenditori si ritrovano adesso tra l’incudine ed il martello, con i controlli che saranno inevitabilmente stringenti con inevitabili responsabilità penali e la necessità di rimettere in moto le attività, senza le quali vanno a casa sia i titolari che i dipendenti.
Questa è una forbice che rischia di schiacciare parecchi. Il timore delle nostre imprese non è solo quando riaccendere i motori ma come si arriverà a farlo. Distanza sociale di oltre un metro fra dipendenti: come si fa a gestire una condizione simile in un piccolo laboratorio o negozio, come lo sono la maggior parte, che non ha le dimensioni di una fabbrica vera e propria? Siamo certi che i nostri artigiani e commercianti sapranno adattarsi, ma le condizioni con le quali dovranno ripartire devono essere chiare fin da subito. Speriamo
non si ripeta la situazione delle autocertificazioni. Confartigianato chiede quindi al Governo nazionale ed a quelli locali di utilizzare i giorni che restano fino alla riapertura per far avere alle imprese di tutti i settori le regole in tempo, in modo che ci si possa organizzare con serenità. Va detto quali mascherine servono, quanto durano, quante ne servono in un turno di lavoro e dove trovarle, perché, sia chiaro, per una piccola impresa (che non ha le capacità contrattuali di una grande industria) sono ancora introvabili e quelle che ci sono, per i quantitativi previsti, hanno prezzi stratosferici ed insostenibili. Stesso discorso per la sanificazione degli ambienti di lavoro. Sentiamo parlare a più voci di sanificazioni ripetute due o tre volte al giorno, si pone grosso il problema se poterle fare da soli o per il tramite di imprese specializzate e quindi quali prodotti occorre usare e chi deve certificare che la sanificazione viene fatta a regola d’arte. Si rischia di ritrovarsi in balia dei controlli, a discrezione di chi fa le verifiche. Occorreranno i termoscanner? Lo si dica chiaramente e prima, perché quelli idonei non se ne trovano o costano un botto. I prezzi dei DPI devono essere calmierati e sorvegliati.
Facciamo un accorato appello alle imprese di tutti i settori: non cadete nella trappola dei novelli professori e scienziati d’occasione che vi stanno proponendo, o meglio assillando, soluzioni commerciali a norma che invece sono del tutto “ipotetiche”, sciacallaggio. Non
sprecate i soldi, ammesso che ce ne siano. Aspettiamo di vedere i protocolli ufficiali che diranno con esattezza cosa si deve fare e come attrezzarsi. Le nostre imprese hanno già subito il danno economico fortissimo, poi la beffa con un bonus del tutto insufficiente, tardivo e parziale, visto che in tanti ancora non lo hanno ricevuto. Un Governo che, all’improvvisa drastica assenza di liquidità per il sistema
imprenditoriale ha preferito rispondere solo con misure di indebitamento garantito, non accompagnato da opportune forme di contributi a fondo perduto, come avvenuto in tante altre nazioni del mondo. Quindi, per dirla chiara, la piccola impresa ha sinora subito solo
schiaffi in faccia, con la conseguenza che gli imprenditori marginali sono spariti, hanno resistito solo i più forti, ma fino a quando potranno resistere?