“La natura è più Grande di noi. Noi abbiamo bisogno della natura per ogni respiro che facciamo, mentre lei con una rapida scrollata potrebbe disfarsi di noi e prosperare come e meglio di prima”. (Telmo Pievani) Come la rana, in una pentola di acqua tiepida, che da prima ci sta bene, ma con l’aumentare della temperatura si adatta alla nuova situazione finché lentamente ne rimane bollita, noi abbiamo cambiato la geofisiologia della Terra forzando il clima verso il caldo e adesso dovremmo rapidamente adattarci a un mondo da noi stravolto. Ma non lo facciamo, ci attardiamo, cincischiamo su questioni marginali, perché in fondo non vogliamo capire cosa
sta succedendo, non lo interiorizziamo, lo rifiutiamo inconsciamente, rischiando di fare la fine della rana bollita.
Per questo, forse, non riusciamo a prevedere, a prendere sul serio i rischi che corriamo (attenzione ai batteri, l’altra metà del cielo dei microbi) a essere lungimiranti come lo erano i “costruttori di cattedrali”. Pertanto, ogni volta ci facciamo trovare impreparati: da
pandemie, da guerre, da siccità, da alluvioni e da ogni altro disastro ambientale. Insomma, rischiamo di pagare caro il trentennale ritardo nella transizione verso risorse rinnovabili, per questo dovremmo chiederci il perché e di chi sono le responsabilità per tutto
questo tempo, in buona o cattiva fede, ha contribuito a tale lentezza con argomenti che di volta in volta mandavano e mandano in confusione le persone. “Chi crede nella crescita infinita su un pianeta finito o è un pazzo o è un economista”. (Sir David Attenborough)
La nostra mente fatica ad afferrare la portata di processi molto grandi, globali, non lineari, lenti e progressivi come la crisi ambientale e il riscaldamento climatico, i quali rendono più instabile il pianeta e di conseguenza più probabili, più frequenti e più violenti
tanti eventi avversi. Quindi, se veniamo colpiti da una perdurante siccità e poi flagellati da alluvioni e inondati, non è razionale continuare a pensare, ogni volta, che si tratti di “calamità”, di emergenze, di sciagure al di fuori della nostra comprensione. Se viviamo in un regime climatico che rende più probabili quegli eventi, significa che dobbiamo farcene una ragione e capire che non sono episodi eccezionali ma, purtroppo, la normalità dei prossimi decenni.
“Potrà sembrare strano, ma vale lo stesso per le pandemie. Per la precisione, vale lo stesso per il rischio pandemico. La pandemia da sars-CoV-2, infatti, non è stata solo un problema scientifico e sanitario, da affrontare come un’emergenza o una calamità, ma
anche ecologico. Da un punto di vista evoluzionistico, la pandemia non è che l’ultimo capitolo di una storia molto più lunga, iniziata tre miliardi di anni fa con la comparsa dei primi virus sul pianeta e segnata da alcune svolte decisive.
La prima è avvenuta circa seicento milioni di anni fa quando, dopo oltre due miliardi e mezzo di anni passati a lottare contro i batteri, i virus si sono evoluti in modo tale da infettare anche gli organismi multicellulari come piante e animali. La seconda svolta risale a poco più di duecentomila anni fa e coincide con la comparsa dei nostri primi antenati Homo sapiens in africa.
La terza è la transizione neolitica che, al termine dell’ultima glaciazione undicimilasettecento anni fa, portò alla domesticazione di alcuni animali e alla nostra sempre più stretta convivenza con loro e con i loro agenti patogeni.” L’abbattimento delle foreste pluviali in Amazzonia ha ridotto drasticamente gli habitat di animali amplificatori di virus come pangolini, pipistrelli e diverse specie di roditori, costringendoli a cercare cibo in zone abitate, aumentando il rischio di contatto con un essere umano e con la possibilità del temuto salto di specie.
Da alcuni decenni l’Homo sapiens è diventato un ospite ideale per i virus. I virus hanno imparato a prendere l’aereo, ma i virus fanno questo da tre miliardi di anni: si moltiplicano usando i loro ospiti come veicolo di diffusione. E, come se non bastasse, noi non solo siamo un ospite perfetto, ma favoriamo i virus più letali in tanti modi: impoverendo gli ecosistemi, deforestiamo e devastiamo gli habitat degli animali portatori di virus, obbligandoli a spostarsi e portandoli a contatto con l’essere umano. Catturiamo e uccidiamo
illegalmente animali esotici che poi trasportiamo, mescoliamo e vendiamo in wet market (mercato in cui si vendono carne fresca, pesce, prodotti e beni deperibili; in particolare, mercato di animali vivi) non rispettando le più basilari norme igieniche. Una manna dal cielo per i virus.
L’Homo sapiens ha un vantaggio sui virus: l’immaginazione. Loro sono macchine biologiche che fanno copie di se stesse. Noi possiamo prevedere che di questo passo il riscaldamento climatico, la distruzione della biodiversità e le pandemie ci presenteranno il
conto sempre più salato. Per uscire servono decisori politici, nazionali e internazionali, che abbiano “il pensiero delle cattedrali”, il pensiero cioè dei costruttori medioevali che gettavano le fondamenta di una cattedrale ben sapendo che solo i loro figli o nipoti l’avrebbero finita. La lotta contro il degrado ambientale è la nostra cattedrale: richiede pazienza, obiettivi chiari, continuità di intenti e di azione politica.
Giovanni Matera
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