La notte della vigilia dell’Epifania sarà ancora la notte dei “Cucibocca”, antica tradizione della quale non si conoscono le origini riproposta dal Centro di Educazione Ambientale, Parco della Murgia, Altramusica. Gruppi a tre di strani figuri circolano per vicoli e strade infagottati in abiti scuri ricoperti da un ampio mantello e con catene ai piedi. Con il volto reso irriconoscibile da una fluente barba e da un cappellaccio calcato sul capo, chiedono offerte in natura. Portano in mano un paniere nel quale brilla una lampada ad olio e nell’altra uno smisurato ago dal quale pende un lungo filo a cordicella. La lanterna illumina il buio della sera. Il rumore delle catene sul selciato annuncia l’arrivo dei cuci-bocca che con l’a go ed il filo tentano di cucire la bocca dei bambini che incuriositi si avvicinano a quegli strani personaggi. La minaccia di cucire loro la bocca spaventa i più piccini e li induce ad andare a letto lasciando finalmente campo libero alla Befana che nella notte colmerà la calza dei doni tanto attesi.
Tradizioni antiche che segnavano le fine delle festività, delle libagioni natalizie e segnalavano l’approssimarsi della Quaresima. Secondo una credenza antica i cuci-bocca sarebbero stati inventati da salariati che, per una sera, mascherandosi, irrompevano nella casa padronale durante la ricca cena delle “nove cose” e come per una sete di giustizia, pur facendo i giullari e ballando e cantando, prendevano dalla ricca tavola imbandita tutto ciò che capitava sottomano.
La manifestazione di quest’anno inizierà alle 19,30 con la vestizione dei cuci-bocca in alcuni locali dell’abbazia benedettina, poi iniziarà la sfilata. Tutto si concluderà sul tardi in piazza Roma ove si esibiranno gruppi musicali, zampognari e dove verranno riproposte le “nove cose” della gastronomia locale.
Per il resto, il saluto all’Epifania che “ogni festa porta via” ha un rituale antichissimo in questo centro: un’abbuffata, un lauto pranzo serale detto delle “nove cose” ovvero di nove pietanze, nove portate. Una usanza che si tramanda da secoli, nella notte della Befana, a significare forse che con essa finiscono le lunghe festività del Natale.
Ma vi è un’altra interpetrazione, forse la più veritiera, secondo la quale erano i ricchi padroni terrieri che nei loro palazzi nella notte dell’Epifania davano stura a tante pietanze ricche di ogni ben di Dio, mentre i loro salariati si accontentavano di mettere insieme e consumare quello che restava dei cibi preparati in quei giorni natalizi: nove povere cose. Del significato ognuno dà una sua interpretrazione, in ogni caso, in questa notte, a Montescaglioso si mangiano “nove cose”. Le tavole ancora una volta ricche di pietanze della gastronomia locale a partire dal “cutturiedd”, ai “friciedd” a gli “gnuttl cattsciat” alla “sagn cà muddich” e via mangiando sino a contarne nove. Un modo per tenere vive le tradizioni, ma anche questa è cultura.
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno