Taranto: " Capitale della cultura, candidatura debole".

Studio Associazione E.S.T

02/10/2015

Viviamo in una città dall’identità debole. Lo conferma uno studio condotto dall’Associazione E.S.T. (Economia - Società - Territorio), di Venezia, sulle città che, nell’immaginario collettivo degli italiani, potrebbero fregiarsi del titolo di Capitale italiana della Cultura, per il 2016 e per il 2017.

Tra le dieci candidate, Taranto risulta essere in quart’ultima posizione, in una classifica che vede sul podio Mantova, Pisa e Parma. Il capoluogo jonico viene dopo Ercolano, Spoleto e Aquileia. Riescono ad ottenere risultati peggiori della nostra città solo Pistoia, Como e Terni. Quale percorso abbia portato Taranto a candidarsi quale capitale italiana della Cultura, lo chiarisce bene lo studio di Luciano Pallini, presidente di E.S.T.

Il bando relativo all’istituto in questione chiedeva alle città interessate a partecipare alla gara, di presentare, entro il 31 marzo 2015,la domanda di candidatura, accompagnata da un dossier comprensivo del programma delle attività culturali che si intendeva promuovere nell’arco di un anno. Il premio per la città che vince il bando è pari ad un milione di euro.

Una cifra che farebbe certo molto comodo alle casse del Comune, che potrebbe essere impiegata per tutte le attività in programma per la valorizzazione della Città Vecchia, per esempio.

A pronunciare il verdetto sarà una giuria di sette esperti nell’ambito della cultura, delle arti, della valorizzazione territoriale e turistica, dei quali tre saranno designati dal Ministro per i Beni e le Attività culturali, Dario Franceschini, tre dalla Conferenza Unificata e uno, il Presidente della Giuria, sarà nominato dallo stesso Ministro, d’intesa con la Conferenza. Lo studio dell’associazione E.S.T. è stato condotto attraverso una serie di interviste, ben 102, realizzate nel mese di agosto, presso località del Nord, del Centro, del Sud e delle isole.

Nel campione, che non può dirsi rappresentativo, sono rientrate persone di entrambi i sessi, “nativi digitali” sotto i trentacinque anni (37) e “analogici” sopra i trentacinque (65).

Fonte: tbs