-L’utero in affitto è una tecnologia di riproduzione medicalmente assistita. Lo scopo principale di essa è aiutare le coppie che non
possono far nascere il proprio figlio nel modo naturale. L’essenza del metodo sta nel fatto che il materiale biologico della coppia viene
prelevato, fecondato in condizioni di laboratorio e impiantato nell’utero di un’altra donna che gestirà, e dopo il parto lo consegnerà ai genitori genetici. Nella contemporaneità ci sono diverse opinioni riguardo alla legislazione sulla maternità surrogata. Nel 2014, la Corte Europea sui diritti dell’uomo, nel caso dei coniugi francesi Labasse, ha emesso una decisione con cui ha sottolineato che ogni Paese ha il diritto di stabilire autonomamente una legislazione per consentire o vietare qualsiasi tipo di tecnologia di riproduzione assistita nel suo territorio.
Ciò significa che la maternità sostitutiva è regolata da ciascuno Stato a sua discrezione. Il che, spesso, porta a controversie e problemi durante la registrazione dei bambini. Nell’anno 2004, in Italia, è entrata in vigore la legge 40, che detta le norme sulle tecnologie riproduttive. L’articolo 12, comma 6, della medesima legge, dispone il divieto assoluto dell’utero in affitto e la donazione degli ovociti.
Limitando, altresì, le altre tecniche di riproduzione assistita. Da qui la scelta degli italiani di ‘spatriare’ dove è possibile tale pratica a
pagamento. Le cifre oscillano da 30/50mila euro in Europa a 150mila euro in America. In India, l’imprenditoria dell’utero si stima fatturi 2 miliardi di euro anno. E dall’Italia sono tremila, 7 su 10 sono coppie eterosessuali, che annualmente si rivolgono alla maternità surrogata, o Gpa, acronimo che significa gestazione per altri. Con questa espressione ci si riferisce a una pratica di procreazione assistita in cui, a fronte di un contratto, una donna conduce la gravidanza per conto di una coppia (o di una persona singola) che non può avere figli naturalmente. Al momento del parto, il neonato sarà considerato in tutto e per tutto figlio di chi ha portato avanti la richiesta, e non della partoriente.
Una pratica che Fratelli d’Italia l’ha sinteticamente definita “utero in affitto”. N’è conseguito l’iniziativa politica dello stesso partito e di tutto il centrodestra di apportare una modifica parlamentare alla legge 40. Ovvero, estendendo il divieto anche sulle Gpa realizzate all’estero, ,rendendola così reato universale. La proposta di legge è calendarizzata alla Camera e tra i 16 firmatari vi è l’onorevole jonico Dario Iaia. Il quale, ha relazionato sulla materia nell’assemblea pubblica indetta dal Dipartimento Sanità e dal Coordinamento comunale ginosino di Fratelli d’Italia. Insieme a Iaia, sono intervenuti la senatrice Maria Nocco, l’onorevole Giovanni Maiorano, il consigliere regionale Renato Perrini, la responsabile del Dipartimento comunale Sanità, dottoressa Annamaria Caggiano.
Tutti hanno messo in evidenza come la Gpa altro non è che “un mercimonio, un mercato di bambini che bisogna necessariamente fermare”.
Aggiungendo all’unisono che “nella surrogazione di maternità le donne che ‘prestano’ il proprio corpo non hanno alcun diritto sui bambini, che pure portano in grembo e non sono neanche considerati i diritti dei bambini, costretti a separarsi dalla madre biologica subito dopo il parto (un evento assolutamente traumatico) e che si chiederanno per tutta la vita chi sia la loro madre biologica. Tutto questo -hanno rimarcato- dimostra come la ‘favola’ della madre che generosamente presta il proprio corpo a una donna che non riesce a sostenere una gestazione sia lontana dalla realtà. Mentre la verità è che si tratta di compravendita di madri e di bambini, che il politically correct della sinistra italiana vuole far passare per diritti e libertà. Per Fratelli d’Italia, i diritti sono quelli sanciti dalla Costituzione”. Poi, parlamentari, consigliere regionale e medico, hanno ripetuto con forza che “le emozioni di una gravidanza non possono essere contrattualizzate, sarebbe una violenza sulle donne e sul futuro nascituro. Non si può fare ciò che si vuole per
soddisfare desideri. Si sta commettendo un illecito sulla vita!”.
Se l’aspetto medico-scientifico sulla gestazione è complesso, definire intricato quello etico e giuridico è un eufemismo. Perché entrano in gioco i diritti degli adulti all’autodeterminazione del proprio corpo e del desiderio di procreazione, ma anche quelli dei bambini che nascono da donne che non li potranno mai chiamare figli. Bambini che già esistono ma che in molti Paesi, Italia inclusa, sono di fatto di serie B in quanto a diritti. Ciò è il risultato di un vuoto normativo importante, che il governo italiano, adesso, vorrebbe colmare con la proposta che, appunto, mira a rendere reato universale la pratica del cosiddetto utero in affitto.
Che, tuttavia, va detto, potrebbe rappresentare una soluzione per i soggetti singoli ovvero per le coppie che, a causa della loro sterilità o infertilità, non possono intraprendere una gravidanza, oppure non riescono a portarla a termine per ragioni medico-fisiologiche, situazioni personali, di carattere psicologico o sociali. Il problema per chi effettua la Gpa all’estero, comunque, rimane il riconoscimento dei bambini in Italia. Anche nei casi in cui sull’atto di nascita estero figurino entrambi i genitori, a oggi la trascrizione non può avvenire in maniera automatica. Con una sentenza dello scorso dicembre le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione hanno, infatti, ribadito che il
riconoscimento del provvedimento straniero che attesta il rapporto di filiazione con il ‘genitore d’intenzione’ di un bambino nato da maternità surrogata, è contrario all’ordine pubblico. Tradotto, disincentiva il ricorso a una pratica che asseconda la mercificazione del corpo, spesso a discapito delle donne più vulnerabili sul piano economico e sociale.
Attualmente, in mancanza di una normativa precisa, ogni caso viene valutato individualmente dai singoli magistrati determinando decisioni non uniformi. In diversi casi è stata negata la trascrizione all’anagrafe dell’atto di filiazione per coppie omosessuali, mentre lo scorso 14 marzo, in Puglia, è stato riconosciuto a due coppie eterosessuali il diritto alla trascrizione integrale dei certificati di nascita per i figli nati con maternità surrogata all’estero. A tutto questo bailamme, un’altra via c’è: adozione. Nelle varie sedi di Fratelli d’Italia, è possibile sottoscrivere la petizione popolare di rafforzamento alla proposta di legge che rende universale l’applicazione della legge 40.
Raffaele Conte